Anche le obbligazioni sull’otto volante.
Come si sa la volatilità è la caratteristica principale dei mercati azionari ed è quella che ne definisce il rischio.
Se però si è abituati a vedere i mercati borsistici salire e scendere in modo sensibile, ben anche con la tendenza ad una crescita che si manifesta con certezza nel lungo periodo, si è meno abituati a vedere oscillare i mercati obbligazionari.
Questo è dovuto al fatto che generalmente i mercati del debito (quelli appunto obbligazionari) sono percepiti come più sicuri e stabili, anche perché in Italia è ancora molto diffuso l’investimento in titoli di stato che, anche se oscillano durante la loro vita, in genere vengono tenuti fino a scadenza, non percependo di fatto la loro volatilità ma solamente godendo del loro rendimento alla fine.
La crisi di questi anni ci ha però insegnato che anche i titoli di stato ed obbligazionari, possono ridurre di molto il loro valore allo stesso modo, ed in alcuni casi anche di più, dei titoli azionari.
Già si sapeva che il problema dei prossimi anni sarebbe stato il cosiddetto “debito sovrano” (i titoli di stato), a causa della liquidità che gli stati, specie occidentali, hanno erogato per il salvataggio delle banche dopo la crisi dei mutui “subprime”. Quello che non si prevedeva era che nel frattempo i paesi emergenti avrebbero avuto i conti più in ordine di quelli del mondo sviluppato, storicamente considerati sicuri, e che alcuni paesi Europei avrebbero visto aumentare il rischio percepito dagli investitori, così da aumentare il premio al rischio da questi richiesto per i loro titoli. A causa dei bassi interessi di mercato, questo ha causato un crollo del valore dei titoli di stato a più lunga scadenza dei paesi Europei più a rischio, Italia compresa.
Il caso Irlanda è l’esempio di quello che è successo nei paesi occidentali: l’esposizione ai titoli derivati dai mutui “subprime”, ha messo in difficoltà le banche che in Irlanda rappresentano grossa parte dell’economa; gli stati hanno salvato le banche e quindi hanno messo a rischio il loro bilancio che devono ora risanare con l’aiuto dell’ Unione Europea e del Fondo Monetario Internazionale. Chi paga tutto ciò? I cittadini. Alla fine paga sempre Pantalone, ma, se non altro, la crisi in Irlanda permetterà di ridurre l’enorme spesa pubblica di quel paese riportandola a livelli più vicini a quelli degli altri stati dell’UE (anche l’Italia spende meno).
Mentre però da noi si parla dell’Irlanda, economia marginale se consideriamo tutto il pianeta, il resto del mondo corre e nessuno lo sottolinea.
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