La crescita italiana nel 2024
L’avvio del 2024 è stato migliore del previsto dal punto di vista della crescita economica Italiana nel primo trimestre, che si è rivelata una sorpresa. Marco Fortis, professore all’Università Cattolica, l’analizza in un articolo uscito il 15 maggio sul Sole 24 Ore, prendendo in esame le ultime stime dell’OCSE, che confermano che l'Italia è stata l'economia del G 7 con la seconda crescita del PIL pro capite più forte nel decennio che va dal 2014 al 2023, dopo gli Stati Uniti e ben davanti al Giappone, Regno Unito, Francia, Germania e Canada. Si tratta di numeri che evidenziano un progresso del PIL italiano, reso ancora più evidente alla luce del significativo calo demografico.
La causa del nuovo dinamismo della nostra economia, poi,
scrive Fortis, non è solo da ricercarsi nel Superbonus, tanto aspramente
criticato, ma primo impulso che ha fatto ripartire l'economia dopo la crisi
sanitaria. Un buon contributo è arrivato anche dai successi ottenuti in
molti settori, come le costruzioni, il turismo, i trasporti, la
manifattura, la farmaceutica, le attività professionali e scientifiche.
Menzione di questa tendenza positiva si trova anche nel
recentissimo rapporto sulla competitività pubblicato dall'Istat pochi giorni fa,
che ci aiuta a prendere consapevolezza, nonostante le grandi sfide e le
incertezze, di quello che poi accade realmente nel nostro paese. Per il 2023,
l’Istat ha segnato + 0,9% per quel che riguarda la crescita del PIL in termini
reali, sostenuto da investimenti e consumi finali delle famiglie. Il valore
delle importazioni ha segnato il +2,5% sui mercati extra UE, mentre la quota
degli occupati in media annuale è + 467.000.
Cosa significano questi dati?
Dimostrano che già oggi, l’economia italiana sta mostrando
una capacità di ripresa e un dinamismo che non prendiamo in considerazione,
anzi tendiamo a trascurare, poiché siamo immersi nel luogo comune secondo il
quale l'Italia è vista come il fanalino di coda dell’Europa.
Alla luce di questi dati dell’Istat, e dell’articolo del
professor Fortis, sono state fatte alcune deduzioni. Dal 2007 ad oggi, l’Italia
si è effettivamente comportata come il fanalino di coda, come evidenziano i
titoli dei giornali che affermavano che è stato raggiunto il livello di PIL
reale italiano dal 2007. Una notizia che, per quanto trasmessa come non
completamente negativa, contribuiva a mettere in luce la debolezza del Paese.
È vero che ci abbiamo messo tanto a recuperare questo
livello di PIL pre-crisi del 2008, ma se guardiamo gli ultimi anni, dal 2020
del Covid, ci accorgiamo subito che l'Italia ha fatto meglio di tantissimi
altri paesi all'interno del G 7. Sostanzialmente è dietro soltanto agli Stati
Uniti.
Il nostro Paese ha vissuto degli anni effettivamente
difficili, in cui gli investimenti carenti e quindi la scarsa produttività
hanno pesato fortemente sulla dinamica del PIL, ma questo cambio di passo c'è
stato e si vede in maniera molto molto importante.
Se andiamo a guardare anche quello su cui si focalizzava
l'articolo del professor Fortis, ossia il PIL pro capite, quindi il PIL
depurato dagli effetti demografici in qualche modo, vediamo che l'Italia è
seconda all'interno del G7 dopo solo gli Stati Uniti, già a partire dal 2013 in
avanti.
Due deduzioni si possono trarre, da qui: cercare di agire
sulla questione demografica, che è piuttosto importante e sull’occupazione, e,
proprio per questa caratteristica demografica, diventa essenziale fare
investimenti e puntare ad una crescita della produttività che consenta comunque
di aumentare il potenziale di medio lungo periodo.
Per il momento possiamo dire di essere sulla strada giusta,
con quello che l’industria ha fatto ultimamente con il suo dinamismo, e gli
investimenti del PNRR, e il superbonus.
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